Ed ecco una storia che ho veramente intenzione di continuare :3
E' buffa la cosa: stanotte ho fatto uno strano sogno che però aveva un inizio e una fine (di solito non li finisco mai xD) e la storia era piuttosto avvincente: l'ispirazione mi è venuta da lì x3
Beh, ve la propongo. Il titolo verrà chiarito mano a mano che leggerete e andrò avanti coi capitoli ;DStoria sotto copytight. © Se copi me ne accorgo, non credere di farla franca.Capitolo Primo: Nuvole e bigne’.
- Guarda mamma! Guarda guarda! Tocchiamo le nuvole! –
- Amy non strillare! Non siamo ad un parco giochi! –
- Come sei noiosa Blaire! Guarda mamma, guarda, adesso tocco le nuvole con la mano! –
Mia sorella tentava invano di aprire il finestrino dell’aereo: era sigillato, ma non volevo toglierle questa speranza, avrebbe cominciato a frignare come sempre.
- Ferma Amy, ti farai male! – la ammonì mia madre.
- Ma no, voglio solo toccare le nuvole! – ribattè mia sorella.
- Non si può aprire il finestrino, tesoro. –
Ecco, lo sapevo. Uno. Due. Tre.
- Weee! Nooo! Voglio toccare le nuvole, voglio toccare le nuvole! Le voglio, le voglio! –
Aveva appena incominciato a piagnucolare tra lacrime e strilli. Sentivo puntati su di noi gli occhi di tutti gli altri i passeggeri.
- Avanti, non è una tragedia, magari nell’aereo che prenderemo dopo si potranno aprire i finestrini e toccherai le nuvole – tentava di consolarla mio padre.
- No! Io voglio toccarle adesso! –
- Amy non si può – cominciavo a spazientirmi.
- Invece sì! I miei amici l’hanno fatto! –
- Smettila di fare i capricci! – oramai cominciavo ad urlare anche io, e mi sentivo sempre più osservata.
- Adesso basta. Finitela entrambe e fate un po’ di silenzio. – Non era una voce familiare.
Proveniva dal sedile dietro al nostro. Era un uomo. A dire la verità aveva un aspetto un po’ strano, non era proprio il tipo di persona che si ritiene affidabile. Indossava un cappotto beige nonostante il caldo torrido del mese di Agosto e aveva in testa un cappello dello stesso colore.
- Oh.. beh, mi scusi. – Mi limitai a dire un po’ imbarazzata.
- Io voglio le nuvole, voglio le nu.. – tappai la bocca a mia sorella: per poco non mi avrebbe morso.
- Smettila! Non vedi che gli altri passeggeri ti hanno sgridata!? –
- Se è per questo hanno sgridato anche te! –
- Almeno io l’ho finita e ho chiesto scusa! Ora l’unica maleducata sei tu! –
- Non sono maleducata! Mamma! Blaire ha detto che sono ma.. –
- Ho sentito, avanti Amy, smettila. Sul prossimo aereo potrai toccare le nuvole, ora basta. – la interruppe mia madre con la sua solita calma e la sua smisurata pazienza.
- E va bene. – mia sorella fece il broncio. Ma durò ben poco.
Qualche minuto dopo arrivò una hostess con un carrellino d’argento carico di dolcetti, paste e bignè.
- Io! Io! Voglio i bignè al cioccolato! – Cominciò mia sorella.
- Calmati Amy, ora arriverà anche da noi! – la tranquillizzai.
- Signorina! Signorina! – continuava.
- Sì? Ciao piccola, vuoi qualcosa? – sorrise la hostess.
- Un bignè al cioccolato! Un bignè al cioccolato! – ripeteva Amy come una macchina.
In quel momento notai che l’uomo dietro di noi ci stava fissando. Aveva in mano un block notes, ma non feci in tempo a vedere cosa c’era scritto: non appena incrociò il mio sguardo abbassò immediatamente gli occhi sul suo block notes e si abbassò il cappello quasi per coprirsi il volto.
Che aveva tanto da guardare?
- Signorina, vuole qualcosa? – interruppe i miei pensieri la hostess.
- Oh.. prenderò una di quelle paste alla frutta – avevano sopra delle fragole davvero invitanti.
E mangiando mi dimenticai tutto. Cercai di far gola a mia sorella ma lei era orgogliosa del suo bignè e non riuscii nel mio intento. Mia madre sorrideva, mentre papà continuava a tenere il muso incollato al foglio del suo giornale.
Ormai eravamo arrivati a Roma, qualche minuto e avremmo fatto uno scalo prima di ripartire alla volta della mia Chicago.
Oh già, non vi ho ancora raccontato nulla di me. Il mio nome è Blaire, sono nata a Chicago, ho quindici anni e ho madre americana e padre italiano.
Mio padre si era da poco trasferito negli Stati Uniti seguendo l’agenzia di mio nonno quando aveva diciotto anni e caso strano il nonno doveva tenere una conferenza con l’agenzia della madre di mia madre.
Una storia un po’ complicata, ma bastò per far innamorare i miei. Mentre i loro genitori si trovavano alla conferenza mamma e papà si incontrarono. Sembra quasi una favoletta.
Erano entrambi al caffè a fianco alla sede della conferenza quando mio padre rovesciò il suo caffè addosso a mia madre. E così si conobbero. Quattro anni dopo si sposarono e l’anno successivo nacqui io. Quando avevo appena due anni, il nonno dovette tornare in Italia perché la sua sede si era ristabilita lì. Papà non si sentiva di lasciarlo solo, così tornò a casa assieme al nonno, ma soprattutto assieme alla mamma. Per questo di Chicago non ricordo quasi nulla. Amy, la mia sorellina, nacque cinque anni dopo, lei, però, in Italia.
Ma tornando a noi.. Quell’anno fu la prima volta che tornai a Chicago. Di solito la famiglia di mia madre veniva a trovarci in Italia, ma quell’anno andammo noi a trovare loro. Beh, non posso nascondervi che ero molto emozionata.
- Attenzione. Avvisiamo i gentili passeggeri che fra pochi minuti raggiungeremo l’aeroporto Roma, Fiumicino dove avverrà uno scalo. Grazie per essere stati con noi. – annuncia una voce automatica.
Evvai! Roma! Non vedevo l’ora di arrivarci! Saremmo ripartiti per Chicago circa due ore dopo, per cui avevamo il tempo di farci un giro. Certo, non sarebbe stato come fare una visita a Roma, ma avrei almeno camminato e visto qualche vicolo della città.
Sentii l’aereo atterrare.
- Abbiamo raggiunto destinazione. Grazie e buona giornata. – riprende la voce.
Bene. La mia prima tappa a Roma!
Edited by ~Floppy-Anime} - 13/8/2011, 19:25